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Perso e ritrovato Questo smartphone vecchio di 1.000 anni ha appena effettuato la chiamata Di Franz Lidz
Per 2.000 anni, gli osservatori celesti hanno mappato i cieli con strumenti sorprendentemente precisi chiamati astrolabi.
Simili a grandi orologi da tasca vecchio stile, gli astrolabi consentivano agli utenti di determinare il tempo, le distanze, le altezze, le latitudini e persino (con un oroscopo) il futuro.
Recentemente, un astrolabio risalente all’XI secolo è stato ritrovato presso la Fondazione Museo Miniscalchi-Erizzo di Verona, in Italia.
Federica Gigante, storica dell’Università di Cambridge, l’ha notato per la prima volta in un angolo di una fotografia mentre cercava online l’immagine di un collezionista del XVII secolo la cui miscellanea era ospitata nel museo.
Dopo aver appreso che nessuno dello staff del museo sapeva di cosa si trattasse, il dottor Gigante si recò a Verona per dare un’occhiata più da vicino.
Al museo, un curatore la portò in una stanza laterale, dove rimase accanto a una finestra e osservò la luce del sole illuminare le parti in ottone della reliquia.
Distinse iscrizioni arabe e, apparentemente ovunque, deboli segni ebraici, numeri occidentali e graffi che sembravano essere stati digitati.
“Alla luce radente, mi sono reso conto che questo non era solo un oggetto incredibilmente raro e antico, ma un potente documento di scambio scientifico tra arabi, ebrei e cristiani nel corso di quasi un millennio”, ha detto il dottor Gigante.
Si ritiene che gli astrolabi esistessero al tempo di Apollonio di Perga, un matematico greco del III secolo a.C. noto come il Grande Geometra.
Gli studiosi islamici migliorarono i gadget e nel IX secolo d.C. i persiani usavano gli astrolabi per localizzare la Mecca e accertare i cinque periodi di preghiera richiesti ogni giorno, come affermato nel Corano.
Lo strumento raggiunse l’Europa attraverso la conquista moresca di gran parte della Spagna.
Analizzando il design, la costruzione e la calligrafia dell’astrolabio di Verona, il dottor Gallante ne ha ristretto la provenienza all’Andalusia dell’XI secolo, dove musulmani, ebrei e cristiani avevano lavorato fianco a fianco, in particolare nella ricerca della scienza.
“Quando l’astrolabio passò di mano, subì numerose modifiche, aggiunte e adattamenti”, ha detto il dottor Gallante.
I nomi originali arabi dei segni zodiacali furono tradotti in ebraico, un dettaglio che suggeriva che la reliquia ad un certo punto circolasse all’interno di una comunità ebraica sefardita.
Su un lato di una lastra era incisa in arabo la frase “per la latitudine di Cordoba, 38° 30’”; dall’altro “per la latitudine di Toledo, 40°”.
Una manciata di valori di latitudine sono stati corretti, alcuni più volte. Su un’altra targhetta erano incise le latitudini nordafricane, il che indicava che, durante i viaggi dello strumento, potrebbe essere stato utilizzato in Marocco o in Egitto.
Una serie di aggiunte ebraiche portarono il dottor Gigante a concludere che l’astrolabio aveva infine raggiunto la diaspora ebraica in Italia, dove veniva usato l’ebraico, piuttosto che l’arabo.
“Fondamentalmente, apportare le revisioni è stato come aggiungere app al tuo smartphone”, ha affermato il dottor Gigante.
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