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Gli alpinisti e gli ecosistemi saranno costretti ad adattarsi al cambiamento dei modelli invernali e Arnold ritiene che lo sport sopravviverà. Le persone che praticano attività all’aperto sono adattive, dice. “A volte sono preoccupato. Ma non credo che accadrà”, dice parlando della possibilità che l’arrampicata su ghiaccio si estingua.
Esistono già ricerche che dimostrano che alpinisti e scalatori non vogliono rinunciare a questo sport e che sono pronti ad adattare i loro comportamenti per continuare a scalare. Le strategie includono la modifica del momento in cui scelgono di arrampicare, il passaggio ad attività correlate ma più compatibili con il nuovo ambiente o la ricerca di nuovi posti in cui praticare lo sport.
In effetti, lo sport continua ad attrarre sempre più persone. “Questo è un problema. Ci sono meno cascate di ghiaccio, nei periodi più stretti, ma allo stesso tempo più praticanti”, spiega Torretta. Trovare del buon ghiaccio diventerà più competitivo. Inoltre, una semplice legge della natura dice che se qualcosa diventa più pericoloso e contemporaneamente aumenta il numero di persone esposte a tale pericolo, aumenta anche il rischio di incidenti.
“Per trovare il ghiaccio non avremo altra scelta che spostarci più a nord o più in alto”, dice Torretta. Andare più in alto è ciò che già stanno facendo alcune specie animali e vegetali alpine. Ma c’è il limite, però, che a un certo punto la montagna non sale più in alto.
Esiste però un altro modo per continuare a salire con piccozze e ramponi. Si chiama dry tooling e prevede l’arrampicata con attrezzi da ghiaccio su roccia nuda. È una tecnica che un tempo veniva considerata un compromesso, per superare tratti rocciosi su cascate ghiacciate, ma ora è diventata uno sport a sé stante. “Penso che il futuro sia secco”, dice Torretta, anche se non ne vede l’ora. “Preferisco ancora arrampicare sul ghiaccio.”
Ma alcune scogliere, pendii e pareti montuose stanno diventando del tutto inaccessibili man mano che il ghiaccio si scioglie. “La parete nord del Cervino è un buon esempio”, dice Arnold. “Negli ultimi due anni non ci sono stati giorni ideali per una scalata.” E il dry tooling non è un’opzione, perché l’aumento delle temperature sta sciogliendo il permafrost della montagna, che un tempo fungeva da collante naturale, tenendo in posizione la roccia della montagna, ma ora non più. “Ci sono continue cadute di massi”, dice Arnold.
E il Cervino non è l’unico picco colpito: in generale, il permafrost sta scomparendo dalle regioni alpine. “Le montagne si stanno sgretolando”, dice Torretta.
I libri attuali sulla montagna non sono quindi più riferimenti affidabili. “Non possiamo più fidarci delle guide alpine o dei resoconti delle scalate precedenti. Quando dicono che il momento migliore è in certi mesi, non puoi più fidarti di loro”, dice Arnold. Per chi vuole arrampicare su ghiaccio consiglia di verificare giorno per giorno la sicurezza di una linea. “Chiedete alle guide alpine locali, che hanno un occhio sui cambiamenti” dice.
In definitiva, con lo sport più rischioso di prima, i cambiamenti sul ghiaccio più irregolari e le incertezze più elevate, gli alpinisti devono essere più perspicaci che mai su quando è il momento di interrompere una scalata. E purtroppo chiudere è una cosa che gli alpinisti dovranno fare sempre più spesso. “Domani andrò con un cliente”, dice Arnold. “Sarà difficile prendere una decisione.”
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