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WASHINGTON: L’umore dei maniaci del lavoro è generalmente peggiore di quello di altre persone, anche mentre sono impegnati in ciò che li appassiona di più; il loro lavoro. Il maniaco del lavoro è simile ad altre dipendenze come il gioco d’azzardo o l’alcolismo.
È quanto emerge da uno studio pubblicato sul Journal of Occupational Health Psychology, condotto da Cristian Balducci, docente presso il Dipartimento di Studi sulla Qualità della Vita dell’Università di Bologna (Campus di Rimini), in collaborazione con il dottor Luca Menghini dell’Università di Trento e la Prof.ssa Paola Spagnoli dell’Università della Campania ‘Luigi Vanvitelli’.
Spiega il professor Balducci: “L’umore negativo osservato nei maniaci del lavoro può essere indice di elevati livelli di stress quotidiano e ciò potrebbe essere la causa di un rischio maggiore per questi individui di sviluppare burnout e problemi cardiovascolari. Inoltre, considerando che i maniaci del lavoro ricoprono spesso posizioni di responsabilità, il loro atteggiamento negativo L’umore potrebbe facilmente influenzare quello di colleghi e collaboratori. Ciò rappresenta un rischio che le organizzazioni dovrebbero prendere in seria considerazione, intervenendo per scoraggiare comportamenti che contribuiscono al workaholism.”
Dipendenza dal lavoro è un fenomeno noto da tempo: le persone che ne soffrono tendono a lavorare in modo eccessivo e compulsivo. Si tratta di una vera e propria ossessione che incide negativamente sulla salute, sul benessere psicologico e sui rapporti con la famiglia e gli amici.
Diversi studi indicano che i maniaci del lavoro sperimentano comunemente un senso di malessere, spesso accompagnato da emozioni negative come ostilità, ansia e senso di colpa quando non sono in grado di lavorare quanto desiderano. D’altro canto, ci sono ipotesi contrastanti sui sentimenti che emergono in queste persone mentre sono al lavoro. Alcuni studi suggeriscono che i maniaci del lavoro provano sentimenti di benessere e soddisfazione durante la giornata lavorativa, ma altre ricerche indicano che queste emozioni positive passano rapidamente a uno stato disforico prevalente caratterizzato da irritazione e depressione.
Per fare luce su questo aspetto gli studiosi hanno coinvolto nello studio 139 lavoratori a tempo pieno, per lo più impiegati in attività di back-office. Per valutare il livello di dipendenza dal lavoro dei partecipanti è stato inizialmente utilizzato un test psicologico. Successivamente gli studiosi hanno analizzato l’umore dei lavoratori e la loro percezione del carico di lavoro utilizzando una tecnica nota come “metodo del campionamento dell’esperienza”. Ciò è stato fatto utilizzando un’app installata sui telefoni dei partecipanti, che permetteva loro di inviare brevi questionari, ogni 90 minuti circa, dalle 9:00 alle 18:00, nell’arco di tre giorni lavorativi (lunedì, mercoledì e venerdì).
“Dai dati raccolti emerge che i lavoratori più stacanovisti hanno mediamente un umore peggiore rispetto agli altri”, afferma il Prof. Balducci. “Non sembra quindi vero che le persone dipendenti dal lavoro traggano più piacere dalla propria attività lavorativa; al contrario, i risultati sembrano confermare che, come in altre forme di dipendenza comportamentale e da sostanze, l’euforia iniziale dà verso uno stato emotivo negativo che pervade la persona anche durante il lavoro.”
I risultati dimostrano anche che, a differenza degli altri lavoratori, i maniaci del lavoro, in media, mantengono costantemente un umore più negativo durante tutta la giornata, senza variazioni significative attribuite al passare del tempo o alle fluttuazioni del carico di lavoro. Una diminuita reattività dell’umore agli stimoli esterni implica un notevole appiattimento emotivo, fenomeno ben noto in altri tipi di dipendenze.
«Questo elemento – suggerisce Luca Menghini, ricercatore dell’Università di Trento e primo autore dello studio – potrebbe derivare dall’incapacità del workaholic di moderare l’investimento lavorativo, con conseguente diminuzione significativa delle esperienze di disconnessione e di recupero, e dal parallelo consolidamento delle esperienze di disconnessione e recupero. un tono affettivo negativo.”
Un altro risultato interessante emerso dallo studio è quello delle differenze di genere. La relazione tra dipendenza dal lavoro e cattivo umore era infatti più marcata nelle donne che negli uomini, indicando una maggiore vulnerabilità delle donne al workaholism.
Gli studiosi suggeriscono che questo fenomeno potrebbe dipendere da un crescente conflitto di ruolo vissuto dalle donne workaholic, intrappolate tra la tendenza interna a investire eccessivamente nel proprio lavoro e le pressioni esterne derivanti dalle aspettative di genere ancora profondamente radicate nella nostra cultura.
Questi risultati mettono in guardia sui pericoli del maniaco del lavoro. La dipendenza dal lavoro può portare a notevoli ripercussioni negative non solo sui rapporti con la famiglia e gli amici, ma anche sul benessere fisico e psicologico. Le cosiddette “malattie da superlavoro” possono aggravarsi fino a portare alla morte per superlavoro: un fenomeno che oggi ha una casistica non trascurabile.
“Le organizzazioni devono inviare segnali chiari ai lavoratori su questo tema ed evitare di incoraggiare un clima in cui il lavoro fuori orario e nei fine settimana sia considerato la norma”, conclude il Prof. Balducci. “Al contrario, è necessario favorire un ambiente che scoraggi investimenti eccessivi e disfunzionali nel lavoro, promuovendo politiche di disconnessione, attività di formazione specifica e interventi di consulenza”.
Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Occupational Health Psychology con il titolo “Uncovering the Main and Interacting Impact of Workaholism on Momentary Hedonic Tone at Work: An Experience Sampling Approach”.
È quanto emerge da uno studio pubblicato sul Journal of Occupational Health Psychology, condotto da Cristian Balducci, docente presso il Dipartimento di Studi sulla Qualità della Vita dell’Università di Bologna (Campus di Rimini), in collaborazione con il dottor Luca Menghini dell’Università di Trento e la Prof.ssa Paola Spagnoli dell’Università della Campania ‘Luigi Vanvitelli’.
Spiega il professor Balducci: “L’umore negativo osservato nei maniaci del lavoro può essere indice di elevati livelli di stress quotidiano e ciò potrebbe essere la causa di un rischio maggiore per questi individui di sviluppare burnout e problemi cardiovascolari. Inoltre, considerando che i maniaci del lavoro ricoprono spesso posizioni di responsabilità, il loro atteggiamento negativo L’umore potrebbe facilmente influenzare quello di colleghi e collaboratori. Ciò rappresenta un rischio che le organizzazioni dovrebbero prendere in seria considerazione, intervenendo per scoraggiare comportamenti che contribuiscono al workaholism.”
Dipendenza dal lavoro è un fenomeno noto da tempo: le persone che ne soffrono tendono a lavorare in modo eccessivo e compulsivo. Si tratta di una vera e propria ossessione che incide negativamente sulla salute, sul benessere psicologico e sui rapporti con la famiglia e gli amici.
Diversi studi indicano che i maniaci del lavoro sperimentano comunemente un senso di malessere, spesso accompagnato da emozioni negative come ostilità, ansia e senso di colpa quando non sono in grado di lavorare quanto desiderano. D’altro canto, ci sono ipotesi contrastanti sui sentimenti che emergono in queste persone mentre sono al lavoro. Alcuni studi suggeriscono che i maniaci del lavoro provano sentimenti di benessere e soddisfazione durante la giornata lavorativa, ma altre ricerche indicano che queste emozioni positive passano rapidamente a uno stato disforico prevalente caratterizzato da irritazione e depressione.
Per fare luce su questo aspetto gli studiosi hanno coinvolto nello studio 139 lavoratori a tempo pieno, per lo più impiegati in attività di back-office. Per valutare il livello di dipendenza dal lavoro dei partecipanti è stato inizialmente utilizzato un test psicologico. Successivamente gli studiosi hanno analizzato l’umore dei lavoratori e la loro percezione del carico di lavoro utilizzando una tecnica nota come “metodo del campionamento dell’esperienza”. Ciò è stato fatto utilizzando un’app installata sui telefoni dei partecipanti, che permetteva loro di inviare brevi questionari, ogni 90 minuti circa, dalle 9:00 alle 18:00, nell’arco di tre giorni lavorativi (lunedì, mercoledì e venerdì).
“Dai dati raccolti emerge che i lavoratori più stacanovisti hanno mediamente un umore peggiore rispetto agli altri”, afferma il Prof. Balducci. “Non sembra quindi vero che le persone dipendenti dal lavoro traggano più piacere dalla propria attività lavorativa; al contrario, i risultati sembrano confermare che, come in altre forme di dipendenza comportamentale e da sostanze, l’euforia iniziale dà verso uno stato emotivo negativo che pervade la persona anche durante il lavoro.”
I risultati dimostrano anche che, a differenza degli altri lavoratori, i maniaci del lavoro, in media, mantengono costantemente un umore più negativo durante tutta la giornata, senza variazioni significative attribuite al passare del tempo o alle fluttuazioni del carico di lavoro. Una diminuita reattività dell’umore agli stimoli esterni implica un notevole appiattimento emotivo, fenomeno ben noto in altri tipi di dipendenze.
«Questo elemento – suggerisce Luca Menghini, ricercatore dell’Università di Trento e primo autore dello studio – potrebbe derivare dall’incapacità del workaholic di moderare l’investimento lavorativo, con conseguente diminuzione significativa delle esperienze di disconnessione e di recupero, e dal parallelo consolidamento delle esperienze di disconnessione e recupero. un tono affettivo negativo.”
Un altro risultato interessante emerso dallo studio è quello delle differenze di genere. La relazione tra dipendenza dal lavoro e cattivo umore era infatti più marcata nelle donne che negli uomini, indicando una maggiore vulnerabilità delle donne al workaholism.
Gli studiosi suggeriscono che questo fenomeno potrebbe dipendere da un crescente conflitto di ruolo vissuto dalle donne workaholic, intrappolate tra la tendenza interna a investire eccessivamente nel proprio lavoro e le pressioni esterne derivanti dalle aspettative di genere ancora profondamente radicate nella nostra cultura.
Questi risultati mettono in guardia sui pericoli del maniaco del lavoro. La dipendenza dal lavoro può portare a notevoli ripercussioni negative non solo sui rapporti con la famiglia e gli amici, ma anche sul benessere fisico e psicologico. Le cosiddette “malattie da superlavoro” possono aggravarsi fino a portare alla morte per superlavoro: un fenomeno che oggi ha una casistica non trascurabile.
“Le organizzazioni devono inviare segnali chiari ai lavoratori su questo tema ed evitare di incoraggiare un clima in cui il lavoro fuori orario e nei fine settimana sia considerato la norma”, conclude il Prof. Balducci. “Al contrario, è necessario favorire un ambiente che scoraggi investimenti eccessivi e disfunzionali nel lavoro, promuovendo politiche di disconnessione, attività di formazione specifica e interventi di consulenza”.
Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Occupational Health Psychology con il titolo “Uncovering the Main and Interacting Impact of Workaholism on Momentary Hedonic Tone at Work: An Experience Sampling Approach”.
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